Politica

L’Anno mondiale dell’acqua. 2003: il mondo scopre la sete

Summit a Kyoto, controvertice a Firenze: concezioni opposte di gestione delle risorse idriche. Da una parte l’idea che solo i privati possano razionalizzare i consumi.

di Paolo Manzo

È prevedibile che, tra 25 anni, le guerre non si combatteranno più per il petrolio ma per l?acqua. L?Onu calcola che, nel 2025, il pianeta terra soffrirà per i drammatici effetti della povertà idrica e “la mancanza di un?azione potrebbe danneggiare la terra in modo irreversibile, innescando una spirale crescente di fame, privazione, malattia e squallore”. Non sono parole del catastrofista di turno, ma del segretario generale dell?Onu Kofi Annan, e risalgono a sei anni fa. Oggi, purtroppo, la situazione è peggiorata. Anche per questo l?Onu ha scelto il 2003 come Anno internazionale dell?acqua dolce e, di questa crisi, si discuterà al Terzo Forum mondiale dell?acqua, a Kyoto dal 16 al 23 marzo. Un Forum che, però, fa già discutere, per l?approccio private oriented che sembra aver preso il sopravvento anche in ambito Onu. E un po? come Davos ha fatto nascere Porto Alegre, sull?acqua c?è una contrapposizione tra istituzioni multilaterali e ong contrarie a ogni intervento di privatizzazione dell??oro blu?. Tanto che, a quello di Kyoto, si contrappone il Forum di Firenze, il 21 e il 22 marzo. L?Onu: la crisi coinvolgerà il mondo La vecchia economia è stata ed è alimentata dal greggio, la nuova sarà fatta funzionare con gli idrodollari. Questa la conclusione cui sono giunti accademici, scienziati ed esperti idrologi, tutti d?accordo nel lanciare l?allarme: il mondo è di fronte a una tremenda crisi dell?acqua. In base alle previsioni di crescita della popolazione mondiale e delle risorse d?acqua dolce a disposizione, si calcola che, nel 2025, almeno il 40% della popolazione mondiale (oltre tre miliardi di persone) avrà problemi molto seri per l?agricoltura, l?industria e la salute. Tutti derivanti dalla mancanza d?acqua. Secondo il rapporto dell?Onu World Water Development Report – Water for People, Water for Life che sarà presentato ufficialmente al Forum mondiale di Kyoto il prossimo 22 marzo, Giornata mondiale dell?acqua, le soluzioni devono passare attraverso un maggiore impegno dei governi. “Nessuna regione al mondo sarà immune dall?impatto della crisi: le riserve d?acqua stanno crollando mentre la domanda sta drammaticamente crescendo, a un ritmo insostenibile. Nei prossimi vent?anni l?offerta media di acqua pro capite si ridurrà di un terzo”, dice il direttore generale dell?Unesco, Koïchiro Matsuura. Provvedimenti presi? Pochi risultati Oggi sono 26 i Paesi che hanno più popolazione di quanta le loro riserve di ?oro blu? possano rifornire. Davanti a tutti il Kuwait, dove c?è molto petrolio ma sono disponibili solo dieci metri cubi d?acqua pro capite all?anno. A seguire la Striscia di Gaza (52 metri cubi), gli Emirati Arabi (58 mc), le Bahamas (66 mc) e il Qatar (94 mc). Tutti Paesi in cui il limite minimo consigliato dall?Oms di 50 litri giornalieri è difficilmente raggiungibile. I dati contenuti nel report dell?Onu indicano che, nel primo quarto del XXI secolo, scoccherà l?ora zero per l?acqua a livello globale e, sinora, a nulla sono valsi gli sforzi della comunità internazionale per risolvere il problema. Al contrario, i provvedimenti presi sono stati quasi spesso controproducenti, soprattutto dove si è tentata la via della privatizzazione. Storicamente l?acqua è entrata nell?agenda Onu nell?ormai ?lontano? 1977, quando a Mar del Plata (Argentina) si tenne la Prima conferenza sull?H2O. L?obiettivo era ambizioso: garantire all?intera popolazione mondiale adeguati rifornimenti d?acqua e impianti fognari entro la fine degli anni 80. Risultato? Fallimento su tutta la linea. Nel 1992 la Conferenza di Rio inserì l?acqua nel capitolo 18 della sua Agenda 21, che conteneva tutte le emergenze ambientali più urgenti. Ma il risultato fu anche qui solo teorico e, anzi, l?unico frutto concreto fu la nascita, nel 1996, del World Water Council, il Consiglio mondiale dell?acqua, una commissione privata che annovera tra i soci fondatori oltre alla Canadian International Development Agency e alla multinazionale francese Suez Lyonnaise des Eaux, tutte le più importanti agenzie Onu, dall?Unicef all?Unesco, dalla Fao all?Unep, dall?Undp alla Banca mondiale e all?Organizzazione mondiale della salute. Come nasce il controvertice Dal World Water Council arrivò la proposta, alla base della ?scissione? del controvertice di Firenze, di un ruolo sempre più importante dei privati nella gestione dell?acqua, considerata un bene economico a tutti gli effetti e, quindi, uno strumento per fare profitti. Del resto, il sottotitolo del documento elaborato dalla commissione Onu-privati è significativo: Visione dell?acqua mondiale, rendere l?acqua il business di tutti. Ma il colmo fu raggiunto nel marzo del 2000, quando il documento della Visione fu presentato al Secondo Forum mondiale dell?Acqua dell?Aja, cui parteciparono anche le multinazionali più interessate al business dell??oro blu?: dalla Dvh all?Azurix, dalla Ch2m Hill alla Suez Lyonnaise. Alla base di tutto un concetto semplice e, allo stesso tempo, preoccupante: “Gestire l?acqua in modo che esprima tutto il suo valore economico, sociale, ambientale e culturale in tutti i suoi usi e avviarsi verso un sistema di prezzi per i servizi dell?acqua che rifletta il costo della fornitura? Il prezzo dell?acqua deve essere fissato a un livello che ne incoraggi l?uso prudente”. Se non una proposta di razionamento tramite politiche di prezzo, qualcosa di molto simile. Un affare da 400 miliardi di dollari L?acqua è già oggi un affare globale da 400 miliardi di dollari, anche se quella privatizzata ammonta a ?solo? il 10% del totale. Il trend del business sembra inarrestabile, e lo confermano sia il report dell?Onu in cui si presentano come essenziali privatizzazione e politiche di prezzo, sia il World Water Council, che invita i governi a intraprendere azioni per far fronte alla crisi che sta esplodendo. Come? Con la liberalizzazione e la deregulation del settore, assicurando alle multinazionali lo stesso trattamento delle imprese locali e/o delle pubbliche autorità, con trattati di partecipazione mista pubblico-privato e con l?eliminazione dei sussidi che alterano il prezzo e la commercializzazione dell??oro blu?. L?impennata dei profitti Ammesso che le multinazionali siano adatte a tutelare un ?patrimonio dell?umanità? come l?acqua, siamo sicuri che la privatizzazione che c?è stata sinora abbia portato dei miglioramenti per i consumatori del Nord e del Sud del mondo? Secondo Maude Barlow, autore di Oro Blu, un libro illuminante sugli sviluppi geopolitici legati al mercato dell?acqua, “la privatizzazione dei servizi idrici municipali ha un terribile primato che è ben documentato. Le tariffe pagate dai clienti sono triplicate; i profitti delle società crescono anche del 700%, gli standard di qualità dell?acqua calano, a volte drammaticamente? quando la privatizzazione colpisce il Terzo mondo poi, coloro che non potranno pagare moriranno”. Di casi concreti di cattiva privatizzazione ce ne sono tantissimi. Negli Usa, il più grande consumatore d?acqua al mondo con i suoi 256mila litri annuali pro capite, la municipalità di Atlanta ha revocato il mandato a United Water, controllata dal gigante francese Suez, che gestiva da quattro anni l?acquedotto che serve quattro milioni di cittadini. Il motivo? 27 miliardi di dollari di debiti e 900 milioni di perdite. “Meglio tornare alla gestione diretta”, ha confessato il primo cittadino di Atlanta. Una débacle che mette a rischio i contratti di 1.100 acquedotti privatizzati negli ultimi anni negli States. Il caso argentino In Argentina, la compagnia di gestione statale dell?acqua, la Obras Sanitarias de la Nación è stata venduta a una controllata della Suez-Lyonnaise, la Aguas Argentinas. Risultato? Aumento delle tariffe, carenza idrica nella provincia di Tucumán (cinque milioni gli argentini non raggiunti dal servizio) e un sistema di tariffe non legato al consumo, bensì ai metri quadrati della casa dell?utente. Un modo di calcolo, questo, che manda all?aria tutte le buone intenzioni di chi vede nella privatizzazione un modo per evitare sprechi: chi vive a Rosario in 30 metri quadrati e consuma mille litri d?acqua al giorno, paga meno di chi ha una casa di 100 metri quadrati e non consuma una goccia! Per queste incongruenze, oggi, il governo ha deciso di riappropriarsi del mercato idrico interno, tornando all?antico (ma più efficiente) servizio pubblico. Alla faccia di chi vede nella privatizzazione la panacea di tutti i mali.


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